Redazione ArtApp
3 giorni fa
The forest knows, © Niccolò Lanfranchi
I nostri piatti, parafrasando Claude Lévi Strauss, sono il linguaggio attraverso il quale la società traduce inconsciamente la sua struttura. Non abbiamo spesso consapevolezza di quello che mangiamo. Ignoriamo che dietro un frutto trendy come l’avocado vi siano storie di criminalità organizzata e sfruttamento delle risorse idriche. Che la carne che consumiamo e che spesso importiamo dal Brasile abbia esiti devastanti sull’ambiente, alimentando la crisi climatica, che a sua volta costringe a sperimentare nuove colture tropicali in Sicilia. Che le filiere e i sistemi di produzione generano conseguenze non solo a livello climatico, ma anche sulla salute pubblica. Il cibo che consumiamo racconta un intero sistema tecno-sociale che contamina ogni angolo del pianeta, alterando il complesso rapporto tra uomo e ambiente. Sono alcune delle riflessioni che ci consegnano i 15 progetti, diversi dei quali per la prima volta in mostra in Italia, protagonisti della terza edizione di Yeast Photo Festival - From Planet to Plate - a Matino e nel Salento, dal 19 settembre al 3 novembre.
Il tema della salute è al centro del lavoro di Pablo E. Piovano, che ha documentato l’impatto degli agrofarmaci. In The Human Cost mette a fuoco e denuncia le gravi conseguenze sulla salute umana dovute all'uso degli agrofarmaci, come il glifosato. Dove viene prodotto il nostro cibo? E come viene distribuito nel mondo? In Food for Thought il fotografo e regista Kadir van Lohuizen segue l’intero processo in Kenya, Stati Uniti, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Cina e Paesi Bassi, suo Paese d’origine, e indaga sull’impatto che il nostro consumo alimentare ha sull’ambiente, sulla salute pubblica e sull’economia.
Holy Cow, © Carolina Arantes
Il progetto di Seif Kousmate, Waha واحة, (oasi in italiano, in collaborazione con ArtWork, artista visivo cresciuto nel Sud del Marocco, vuole approfondire la conoscenza della vita intorno alle oasi. Un lavoro, frutto di una ricerca durata 4 anni, che attraverso nuovi processi e narrazioni visive mira a comprendere il complesso rapporto tra l’uomo e il suo ambiente. Ambiente che nel Centro America è sottoposto all’enorme pressione delle coltivazioni estensive dell’avocado. Un frutto protagonista della domanda mondiale, oggi presente nei nostri piatti. Il regista tedesco Axel Javier Sulzbacher è andato nella regione dei Michoacán in Messico (una delle principali aree di produzione), documentando in Green Shades non solo la devastazione delle foreste, abbattute per far posto ai campi, ma le infiltrazioni dei cartelli della droga, attratti dagli enormi profitti generati dal commercio dell’oro verde.
Coltivazioni tropicali che stanno crescendo rapidamente anche in Sicilia, proprio come conseguenza dell’adattamento ai cambiamenti climatici. Uno dei temi protagonisti di Tropicalia , progetto del duo fotografico Jean-Marc Caimi e Valentina Piccinni. La produzione del cibo e le sue conseguenze sul clima vengono affrontate da Carolina Arantes in Holy Cow, a cura di Lars Lindemann,che racconta come viene prodotta la carne che mangiamo oggi nel mondo, e da chi. Una bistecca su quattro infatti proviene dal Brasile, e quindi l’industria dell’esportazione di carne è di grande impatto per l’ambiente e l’alimentazione. L’anno scorso il mercato brasiliano della carne ha raggiunto il record di 9,75 miliardi di dollari e oltre 2,25 milioni di tonnellate di carne esportata. Una domanda trainata dall’ingresso dalla Cina, ma tra i quali figura anche l’Italia.
Waha, © Seif Kousmate
Il rapporto tra essere umano e natura è al centro anche del progetto Mijn Duifje (my dove / my lovely) - A pact between a man and a bakery di Nynke Brandsma, fotografa e artista visiva olandese. Il suo lavoro parla di giudizi, di storie metropolitane nascoste, di sicurezza, di cibo, di possibilità, di ricerca e soprattutto dell’amore di una persona per un volatile. In mostra per la prima volta in Europa e in Italia, anche Merci pour ton agréable visite, les jolies fleurs et les délicieuses fraises (Grazie per la piacevole visita, per i bei fiori e per le deliziose fragole che mi hai fatto assaggiare, a cura di Edda Fahrenhorst & Veronica Nicolardi, in collaborazione con ArtWork), di Sarah Boutin è un lavoro fotografico, sviluppato per più di due anni, con un approccio poetico-documentaristico all’interno del convento dell’ordine delle Suore della Carità del Québec.
Ci sono storie che celebrano la resistenza indigena alla devastazione dell’ecosistema, come The Forest Knows, la vicenda del popolo Asháninka del villaggio di Apiwtxa, narrata attraverso gli scatti di Nicoló Lanfranchi. Si potrà ammirare il lavoro di Florian W. Müller che presenta CŪ, dove diversi organi e singole parti di un animale vengono artisticamente innalzate su un piedistallo e possono così entrare in dialogo con lo spettatore. L’impatto della crisi climatica sui vigneti di Château Palmer (fiume Garonna, Francia) è lo sfondo da cui prende le mosse Henrike Stahl con L’Arc Sera Parmi Les Nuages (L'arco sarà tra le nuvole, a cura di Inas Fayed), la fotografa tedesca si è ispirata ai metodi naturali utilizzati dall’azienda: ad esempio, ha immerso le stampe nel vino o nell’acqua del vicino fiume Garonna.
Human cost, © Pablo Ernesto Piovano
FEAST NO MORE. Ipertrofia alimentare nella Collezione di Fotografia Vernacolare di Jean-Marie Donat che propone una selezione di immagini in mostra realizzata in esclusiva per Yeast Photo Festival. Kateřina Sýsová propone Kukbuk una guida visiva alla cultura culinaria ceca. Le immagini, in mostra per la prima volta in Italia, composte in modo espressivo e sotto forma di sketch visivi, esplorano le usanze e le convenzioni tipiche della ristorazione ceca.
Alessia Rollo con Don't Play With Food, vuole esplorare le diverse relazioni che il cibo può attivare, ma anche comprendere i vari aspetti di un luogo, le abitudini culturali e sociali, le questioni ambientali che passano attraverso il cibo.
Tra i progetti da segnalare ancora Welcome to Yesterday, prima personale in Italia del fotografo Alexander Yegorov, vincitore del Premio IRINOX SAVE THE FOOD, in collaborazione con MIA Photo Fair e Irinox. Il suo lavoro, esposto a Matino, rappresenta una elaborazione poetica e visiva sulla tradizione di riunirsi per gustare il cibo. Non c’è posto per i conflitti quando si mangia insieme. In tale contesto, le fotografie degli avanzi sono la prova che qualcosa di positivo sta accadendo, l’artefatto del passato e la speranza per il futuro.
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© Edizioni Archos
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