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Redazione ArtApp

I colori di un passato in bianco e nero

Il racconto di Anna Giannattasio, seconda classificata al Concorso artistico e video-letterario 2021 “Echi di memoria. Il mare consegnato al futuro”


Lido Venere, Taranto, anni ’60. Relax al tramonto


Non mi sono mai piaciuti il bianco e il nero, rappresentano opposti inconciliabili, incapaci di raccontare la bellezza delle sfumature dei colori... ma evidentemente mi sbagliavo. A farmi cambiar idea furono proprio quelle foto in bianco e nero, che tra le tue mani, nonna, diventarono “echi di memoria” di un passato fatto di colori, suoni e profumi straordinari. I tuoi racconti mi hanno preso per mano e mi hanno condotta in luoghi meravigliosi, facendomi scoprire tesori dimenticati e forse ormai perduti, ma che tu conservi gelosamente nel cuore e nella mente e che oggi rivivi con me in riva al mare, attraverso quelle foto ormai sbiadite. Ho scoperto “Lido Venere” un tratto di costa della nostra città così chiamato per la sua divina bellezza, dove tu, insieme alla tua famiglia e ai tuoi amici, trascorrevi spensierate giornate al mare durante le calde estati degli anni Sessanta.


Si giungeva in quello stabilimento balneare nei modi più disparati, via terra e via mare. Alcuni giungevano con il pullman, altri con le biciclette, altri ancora con le barche dei genitori pescatori, mentre tu eri tra le più fortunate perché il tuo papà possedeva una Cinquecento rossa fiammante. Questa, all’occorrenza, si trasformava in un piccolo bus che riusciva a trasportare l’intera famiglia di cinque persone. In quel luogo meraviglioso l’azzurro e caldo mare si fondeva con le limpide e fresche acque del fiume Tara e la sabbia dorata si impreziosiva del verde smeraldo di profumatissime piante di rosmarino e mirto e alberi di pino. C'era un ponte di legno che collegava “Lido Venere” a “Pino Solitario”, un altro stabilimento balneare sull’altra. Mentre i tuoi ricordi si caricavano di emozioni e il racconto si arricchiva di particolari, io riuscivo a partecipare alla gioia immortalata da quegli scatti in bianco e nero e ne percepivo i colori in tutte le loro sfumature. Mi pareva di sentire le risate mentre vi ricoprivate il corpo di fango, perché lungo le sponde di quel fiume era abitudine di molte persone fare un trattamento di cura termale. Si narrava, infatti, che quel fango avesse miracolose proprietà curative, ma a voi interessava di più divertirvi e trasformarvi in statue di marmo, per poi liberare i vostri corpi nelle fresche e dolci acque del fiume.


Lido Venere, Taranto, anni ’60. Mia nonna con le amiche


Nel ricordo delle tue avventure estive in compagnia del mare, mi raccontasti delle volte in cui i più coraggiosi si addentravano nella parte più interna del fiume, tra la rigogliosa natura, per poi tuffarsi e lasciarsi trasportare dalla corrente fin giù verso il mare. L’ora di pranzo era il momento dell’incontro di tutta la comunità marina: il delizioso profumo delle pietanze preparate si confondeva con l’odore del mare e dei pini, che offrivano riparo dai cocenti raggi del sole. Sembrava un enorme banchetto festoso, dove ognuno condivideva quello che aveva. Erano semplici prelibatezze che avevano un sapore unico, perché condite con un ingrediente speciale: la gioia dello stare insieme. Mi ricordi, guardandomi dritta negli occhi, che si può essere ricchi, pur avendo poco e che la felicità non la misuri con quanto possiedi, ma con quanti la condividi. Dopo la grande “abbuffata”, i più anziani e i bambini riposavano all’ombra dei pini, mentre i più giovani si avventuravano alla scoperta delle meravigliose creature che popolavano il mare. Si potevano affittare delle barche per ammirare lo spettacolo straordinario della fauna marina, dai pesci ai cavallucci marini e, se eri fortunato, potevi imbatterti anche in spettacolari avvistamenti di delfini.


Prima del calar del sole, con la pelle scottata, ci si immergeva per l’ultima volta nel fiume per lavar via la salsedine, ci si preparava per il ritorno, ma non prima di comprare il “gratta gratta”, una fresca granita che tu ordinavi sempre alla menta e rendeva meno triste il ritorno a casa. Un sospiro nostalgico interrompe il tuo racconto e comprendo che quel paradiso è andato perduto. Sul finire degli anni Sessanta, infatti, l’arrivo della grande industria ha divorato quel tratto di costa, il corso naturale del fiume è stato deviato e quei lidi hanno cessato di esistere. Mi hai chiesto scusa nonna, e quando, meravigliata, ti ho chiesto il motivo, mi hai abbracciata e mi hai detto «Ti chiedo scusa perché avevamo un paradiso e non l’abbiamo difeso e tu oggi puoi viverlo solo attraverso echi di memoria».


Lido Venere, Taranto, anni ’60. Mia nonna e sua sorella: ragazze al mare che non rinunciano all’informazione



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