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Redazione ArtApp

I Pittori di Pompei

Il progetto espositivo che pone al centro le figure dei pictores, ovvero gli artisti e gli artigiani che realizzarono gli apparati decorativi nelle case di Pompei, Ercolano e dell’area vesuviana


I Pittori di Pompei, Museo Civico Archeologico di Bologna | Fotografie di Roberto Serra


È in corso al Museo Civico Archeologico di Bologna I Pittori di Pompei, mostra che resterà visibile fino al 19 marzo 2023. Curata da Mario Grimaldi e prodotta da MondoMostre, l’esposizione è resa possibile da un accordo di collaborazione culturale e scientifica tra Comune di Bologna | Museo Civico Archeologico e Museo Archeologico Nazionale di Napoli che prevede il prestito eccezionale di oltre 100 opere di epoca romana appartenenti alla collezione del museo partenopeo, in cui è conservata la più grande pinacoteca dell’antichità al mondo. Il progetto espositivo pone al centro le figure dei pictores, ovvero gli artisti e gli artigiani che realizzarono gli apparati decorativi nelle case di Pompei, Ercolano e dell’area vesuviana, per contestualizzarne il ruolo e la condizione economica nella società del tempo, oltre a mettere in luce le tecniche, gli strumenti, i colori e i modelli.

L’importantissimo patrimonio di immagini che questi autori ci hanno lasciato - splendidi affreschi dai colori ancora vivaci, spesso di grandi dimensioni - restituisce infatti il riflesso dei gusti e i valori di una committenza variegata e ci consente di comprendere meglio i meccanismi sottesi al sistema di produzione delle botteghe. Sono pochissime le informazioni giunte a noi sugli autori di queste straordinarie opere e quasi nessun

nome ci è noto. Grazie alle numerose testimonianze pittoriche conservate dopo l’eruzione avvenuta nel 79 d.C. e portate alla luce dalle grandi campagne di scavi borbonici nel Settecento, le cittadine vesuviane costituiscono un osservatorio privilegiato per comprendere meglio l’organizzazione interna e l’operato delle officine pittoriche.



A Bologna, per la prima volta è stato esposto un corpus di straordinari esempi di pittura romana provenienti da quelle domus celebri proprio per la bellezza delle loro decorazioni parietali, dalle quali spesso assumono anche il nome con cui sono conosciute. Capolavori - solo per citarne alcuni – dalle domus del Poeta Tragico, dell’Amore punito, e dalle Ville di Fannio Sinistore a Boscoreale, e dei Papiri a Ercolano. È esposta un’ampia selezione degli schemi compositivi più in voga nei diversi periodi dell’arte romana, osservando come alcuni artisti sapessero conferire una visione originale di modelli decorativi continuamente variati e aggiornati sulla base di mode e stili locali.


Rivivere scene di accoglienza dell’ospite, raffinate immagini di paesaggi e giardini, architetture, ma anche ammirare gli strumenti tecnici di progettazione ed esecuzione del lavoro: colori, squadre, compassi, fili a piombo, disegni preparatori, reperti originali ritrovati nel corso degli scavi pompeiani, comprese coppe ancora ripiene di colori risalenti a duemila anni fa. E, ancora, triclini, lucerne, brocche, vasi, riaffiorati negli scavi e raffigurati proprio negli affreschi in mostra, con i quali dialogavano nello spazio.



La mostra propone infine la ricostruzione di interi ambienti pompeiani come quelli della Casa di Giasone e, ancora di più della straordinaria domus di Meleagro con i suoi grandi affreschi con rilievi a stucco, per raccontare il rapporto tra spazio e decorazione, frutto della condivisione di scelte, e di messaggi da trasmettere, tra i pictores e i loro committenti. Se nel mondo della Grecia classica i pittori erano considerati “proprietà dell’universo” - come ricorda Plinio il Vecchio a sottolinearne l’importanza ed il ruolo - al tempo dei romani, i pictores erano visti come abili artigiani, e solo alcuni di loro conquistarono, per la qualità e la raffinatezza delle loro creazioni, il ruolo di artisti. E la loro arte, da mestiere riservato alle classi sociali marginali - schiavi, liberti - diventa arte che qualifica chi la pratica.






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