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Redazione ArtApp

La Porta

La porta come difesa dall’infinito, l’inizio e la fine del nostro destino, il luogo da dove partire e dove arrivare


Giardini di Bomarzo (VT) | Foto © Aurelio Candido


...Gli uomini lodano il giorno, io fuggo il sole e in una tana tenebrosa getto l’anima.

Yukio Mischima


La sera la porta si chiudeva lasciando fuori l’altro. La porta chiusa evoca solitudine, intimità, esclusione, lontananza; aperta profanazione, accoglienza, inclusione, prossimità. Per il cristiano la porta della chiesa è il passaggio tra il mondo terreno e quello con Dio, per questo è pesante, cieca, di grande dimensione, incorniciata da complessi portali. È la porta che contrassegna il luogo della fede e oltrepassandola l’uomo, intero di spirito e carne, si lega a Dio. Oltre la porta il contenitore, dentro il contenuto, il mito. Il diffondersi dei rituali legati al simbolismo della porta come luogo di “passaggio” ha sancito- per la relazione che intercorre tra soglia e divinità - la sacralizzazione dell’ingresso.

Al contrario le porte di produzione contemporanea inseguono leggerezza e trasparenza. Spariscono nelle trame dei muri, scorrono leggere, sono in vetro, non vogliono esistere come porte, ma come diaframmi termici o acustici perché la separazione tra il pubblico e il privato è sempre più esile, eppure stiamo perdendo il senso della collettività, siamo tutti molto più estranei di quando, robuste e pesanti, le porte erano visibili e confinavano i nostri spazi.

Nella moschea, nella chiesa, nella sinagoga come nel tempio zen la religione dell’uomo ha la necessità di chiudere fuori dalla porta l’infinito. Da una parte (fuori) l’ambito terreno, estraneo e perciò ostile, rappresentato dal caos, dall’altra (dentro) il luogo chiuso della sicurezza. La porta quindi come difesa dall’infinito, aprirla tuttavia significa conoscerlo. Il nome del complesso musicale dei Doors deriva dal titolo di un saggio di Aldous Huxley "The Doors of Perception" ripreso a sua volta da William Blake: “se le porte della percezione fossero spalancate, tutto apparirebbe all’uomo come in effetti è: infinito”.

La porta come varco per la creatività, sgombrarla significa attivare un rapporto panico con quello che realmente è. Oltrepassare quella soglia significa ridurre la funzione di filtro che il nostro cervello esercita per limitare esperienze che ritiene inutili alla sopravvivenza dell’individuo. Huxley riconosceva alla mescalina la capacità di aprire quella porta, lo farebbe inibendo l’assimilazione di glucosio da parte del cervello. L'attenzione viene distolta (per effetto della sostanza psichedelica) dai costrutti culturali consueti della quotidianità e ridiretta verso diverse forme di interesse.

Huxley ritiene che qui si possa formare una sorta di esperienza mistica, un grado diverso e più elevato di consapevolezza e di percezione. Nei secoli molti tra scienziati, psicologi, filosofi e artisti hanno cercato di dare risposte agli stati di nebbia della nostra mente, oltre la soglia della nostra piena percezione cosciente, nell’ignoto della mente, nel mezzo tra la vita e la morte, ai confini tra il sonno e la veglia, tra sogno e realtà, tra memoria e oblio.

Insomma proprio sulla porta della nostra psiche potrebbero celarsi risposte scientifiche e interpretazioni artistiche in grado di svelarci nuovi poteri. Quali vantaggi non ci è dato sapere perché quella è proprio la porta attualmente più chiusa. E poi esistono le porte morali che nel tempo si aprono e si chiudono per lo più a seconda delle convenienze economiche. Il biologo Richard Dawkins paragona la porta morale della lotta contro gli allevamenti intensivi alla battaglia condotta due secoli fa contro lo schiavismo. E già Pitagora non ammetteva soluzione di continuità tra uomini e bestie e considerava il consumo di bistecche alla stregua del cannibalismo. Oggi nel bel mezzo di nuove migrazioni culturali l’Italia, prima fra tutti gli stati del mondo ad abolire la pena di morte (col Gran Ducato di Toscana nel 1786) continua a costruire e vendere migliaia di mine giocattolo per impedire ai bambini di stati, che con la loro economia potrebbero incrinare la nostra, di diventare adulti produttivi.

La porta rappresenta anche l’inizio e la fine del nostro destino, il luogo da dove partire e dove arrivare. “Qui nessuno poteva ottenere di entrare poiché questa entrata è riservata solo a te. Adesso vado e la chiudo”… dice il guardiano della porta del tribunale al viandante di Kafka (Il processo cap. IX “nel Duomo”) che per tutta la vita cerca di corromperlo per passarla. La soglia del tempo e la soglia della realtà rappresentano il limite e il punto di contatto tra due mondi, come la soglia della vecchiaia indica una condizione esistenziale "se non di vecchiezza, la detestata soglia evitar non impetro" recita Giacomo Leopardi.Siamo alle soglie del XXI secolo abbiamo ripetuto per tutti gli anni novanta, e a fine autunno diciamo l’inverno è ormai alle soglie.

Porte spazio-temporali aperte dalle testimonianze orali, scritte, audiovisive, archeologiche che ci mettono in comunicazione con l’altro ancora vivo, vissuto fino a poco fa, morto da migliaia di anni. Porte continuamente aperte, richiuse e riaperte a seconda delle nostre necessità esistenziali. Personalmente credo nella storia così come lo scienziato - esponente dell’empiriocriticismo - Ernst Mach la intendeva “…vi sono due modi per conoscere la realtà che ci circonda: uno è quello di assuefarsi ai dubbi, agli enigmi della realtà sino al punto di non percepirli più come tali. L’altro consiste nello sforzo di chiarirli con l’aiuto della storia. La storia ha fatto tutto e la storia può cambiare tutto”.

È certamente troppo presto per saperlo e anche per dirlo, ma ho la sensazione che siamo quasi fuori dalla spessa porta tra il secolo scorso e l’attuale. Tra quello che, con la seconda rivoluzione industriale, ha prodotto il mondo contemporaneo caratterizzato dalla sovranità della tecnica, e uno nuovo, forse nascente, dall’unico modo possibile di interpretare la libertà e cioè attraverso la responsabilità. Dove lo spazio pubblico deve tornare a essere collettivo e a disposizione di chi è in grado di servirsene e i nuovi obiettivi da raggiungere sono legati a cosa serve davvero a noi e agli altri.


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