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Le combat pour l’Ange en architecture*

Stefano Mavilio

Il testo descrive le suggestioni dell’autore, per una metafisica dell'architettura



 * per il titolo sono debitore ad Henry Corbin,

il cui Le Combat pur l’Ange

rimane fondamentale per la comprensione di questo mio breve testo


 

(…) ogni essere della terra è determinato,

nel suo modus essendi,

dalla relazione che lo unisce ad un archetipo celeste

che si propone a lui come origine e come fine.

(H. Corbin, Le Combat pur l’Ange)

 

 Solo gli ignari e talune archistar hanno la presunzione di creare.


Cosa viene prima dell'Architettura?

Certo non il progetto;

il progetto è un prodotto dell'Architettura,

oserei dire uno scarto e dunque come tutti gli scarti,

si dispone “dopo il pasto”, non prima.

Diceva Miralles che l’esecutivo lo disegnavano ad opera finita:

praticamente un rilievo.

 

Cosa viene allora prima dell'Architettura?

L’idea dell’Architettura.

E non si pensi a una burla o ad un malinteso.

L’Architettura è morfema, diceva quel tale;

l’architettura è il meno possibile, diceva tal altro;

è il gioco sapiente; è mettere e levare, proporzionare, infine misurare.

Tutti questi fenomeni, storicizzabili e pertanto già morti all’atto della registrazione,

non mi dicono cosa viene prima dell'Architettura,

mi dicono semmai cosa viene dopo.



Quello che vado cercando, infatti, l’Idea dell’Architettura,

giammai vive nel mondo delle cose sensibili,

tantomeno nel tempo, tantomeno nel tempo del tempo.

Quello che vado cercando, l’idea dell’Architettura,

essendo ierofanica, vive nel mondo dei suoi Angeli di riferimento

(che altre volte ho chiamati Archetipi).

Ad ogni Angelo corrisponde una Idea; ad ogni Idea corrisponde un Angelo.

Angeli e Idee risiedono in quello che noi chiamiamo l’Altrove

e l’Altrove - è assai noto - è a noi inconoscibile per definizione,

giacché altrove.

L’unica forma di rapporto che ci è consentito intrattenere con le Idee

e con i relativi Angeli di riferimento, è nella visione delle loro immagini.

Visioni che si proiettano nel tempo delle visioni e non nel tempo storicizzabile.

La situazione per la quale le Idee e gli Angeli possano apparire

per il tramite di una ierofania, diremo una visione,

è tale per cui quella è la sola possibilità di accedere a tale Mondo

(mondo che più propriamente chiameremo mundus imaginalis).

La modalità della visione in un contesto ireofanico

è quella per riflessione, che noi chiamiamo inconsapevolmente ispirazione,

giacché quella che noi chiamiamo ispirazione, in realtà, è solo riflesso.

Il riflesso sarà partecipe solo ove si abbia la capacità di innalzarsi alla maniera dello sciamano,

dello stregone, del mago; oppure di Elìa, di Muhammad, del Cristo, della Vergine Maria,

che volarono in cielo in circostanze diverse.

A tutti gli altri, scioccamente, rimane la percezione di essere coloro che generano,

come se le Idee e i loro Angeli potessero da noi essere generati.



Dunque, direbbe qualcuno, le immagini sono visioni.

Neanche questo risponde al vero.

Le visioni delle immagini sono depositi ancora non perfettamente formati.

Dovremo aspettare le registrazioni delle visioni per appropriarci definitivamente dell’Idea

e del suo Angelo, pur se in forma e contesto completamente diversi dall’originale,

giacché non è possibile dare corpo a ciò che è incorporeo se non interpretandolo.

Gli artefatti del mondo sensibile sono infatti realizzati ad immagine ma non a somiglianza.

E pur supponendo che l’immagine e la sua visione abbiano ancora la potenza di formare,

mai questa sarà simile all’Idea, tanto meno al suo Angelo.

 

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