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Sandra Maria Dami

Lo sguardo delle intelligenze antiche

Ricerca e studio nella scrittura di Erika Maderna


Davide Gabriel Rossetti, Venere Ventricola 1864/1868 (dettaglio) Museo e Galleria d'Arte Russell-Cotes, Bournemounth UK


Può la scrittura spostare l’attenzione verso altri luoghi della conoscenza che non siano soltanto quelli dettati dal sapere comune? È possibile, quando ricerca umanistica e studio scientifico s’incontrano, e si manifestano attraverso un linguaggio chiaro e sapiente, come nei saggi della scrittrice Erika Maderna dove antiche intelligenze come Natura e Mito vengono interpretate in modo da offrire mappe possibili che siano guida a una lettura alternativa del presente e della sua complessità.

 

Laureata in Etruscologia e Archeologia Italica, autrice di articoli, traduzioni e saggi di cultura e archeologia classica, nutri da anni uno studio accurato sulla vocazione femminile alla cura attraversando mondi antichi e perlopiù inesplorati. Da dove nasce questa passione e perché?


È una domanda che mi interroga su ragioni più profonde rispetto a una generica passione. Credo di avere maturato nel tempo la consapevolezza che la cura sia un elemento fondamentale per ritrovare le radici dei valori che ci contraddistinguono come umanità. Il fatto che le donne abbiano saputo offrire un contributo così significativo e peculiare ha guidato la mia curiosità attraverso territori variegati. Mi sono chiesta quale sia stato il fattore distintivo di questo contributo, e se si possa riconoscere una regola, una “quintessenza femminile” della cura. Questo è forse il quesito che più di altri ha orientato il timone della mia ricerca; senza produrre risposte definitive, ma generando piuttosto ulteriori domande, che aiutino a comprendere quale uso proficuo sia possibile fare di quel patrimonio, in un mondo complesso come quello attuale, affinché la cura torni a essere therapèia, cioè servizio sacro, come suggerisce l’etimologia più antica di questa parola.

 

Il drammaturgo e poeta Maurice Maeterlinck nel suo breve saggio L’intelligenza dei fiori  afferma che “il mondo vegetale che a noi sembra così pacifico, così rassegnato, dove tutto appare accettazione, silenzio, obbedienza, raccoglimento, è al contrario il luogo dove la rivolta contro il destino è la più veemente e la più ostinata”. Può questa intelligenza rivoluzionaria della Natura essere considerata esempio per quella umana?


Il regno vegetale ha un’insospettabile vita avventurosa, dalla quale possiamo imparare molto. Attiva quotidianamente strategie di autodifesa ingegnose e creative, sistemi di comunicazione e cooperazione sorprendenti. Ogni parte di un fiore, di un seme, di un albero, è permeata di una profonda intelligenza. Giuseppe Sermonti arrivava ad asserire che ogni mito e ogni fiaba potesse essere interpretato da un punto di vista botanico, come se eventi e personaggi delle storie che l’umanità ha prodotto non fossero che proiezioni della vita segreta della natura. Ma ciò che il mondo vegetale soprattutto insegna è che ogni cosa può vivere in armonia solo se è connessa alle altre, e nessuno può salvarsi da solo. Ci ricorda inoltre che ogni processo è ciclico e che sono possibili infinite morti e rinascite.

 

Medichesse, maghe, streghe, sante e dee, abitano con fascino e umiltà i tuoi saggi. Sorvolano pregiudizi e lavorano, nonostante lo sguardo scettico, a volte feroce, degli uomini. Attraversano ogni tempo. Leggendole nel contemporaneo, le scopriamo antesignane di una medicina alternativa, integrata e con una visione olistica dell’essere umano e della sua cura. Quale tra loro hai amato di più, e qual è l’insegnamento più coraggioso ricevuto da donne così straordinarie?


La forza di queste donne è stata l’eccezionale tenacia nell’aver saputo levare alta la propria voce in un mondo che cercava di sopprimerla con ogni mezzo. È affascinante constatare come il tema della cura femminile risulti trasversale alle epoche, alle civiltà, ai contesti sociali. Sono state donne di medicina le raccoglitrici delle culture primitive, le sacerdotesse dei culti pagani, le dotte studiose e le empiriche analfabete, monache e badesse nei monasteri cristiani. Alcune sono state messe a morte perché il loro sapere era ritenuto pericoloso, altre sono state santificate. Tutte hanno praticato la medicina come atto umano e compassionevole, mai come semplice applicazione di sapere teorico; hanno accompagnato medicamenti e pozioni con le parole di conforto, con la presenza, il tocco. È difficile per me scegliere una figura fra le tante: mi sembrerebbe di fare torto a tutte le altre. Ammiro la levatrice che portava sollievo alle donne in travaglio, aristocratiche e regine che hanno abbandonato vite agiate per dedicarsi alla cura dei derelitti. E poi le curiose, le filosofe, le appassionate. Ognuna ha una storia che vale la pena di raccontare.

 

Nel panorama letterario e saggistico rappresenti una delle autrici più attente e appassionate al mito e alla sua simbologia. Attraverso la loro lettura è possibile comprendere il senso di molti tra i comportamenti umani. Nella realtà attuale l’intelligenza del mito e la sua narrazione come si pongono nei confronti di quella artificiale?


Il mito ci abita, è uno specchio nel quale osservarci. Le figure dell’immaginario mitologico sono istanze psichiche e le vicende di cui sono protagoniste si ripetono incessantemente nell’esperienza umana, a livello individuale e collettivo. Ecco perché c’è una profonda e genuina intelligenza nel mito, ed è la capacità di raccontare e cogliere nessi. L’intelligenza artificiale ha natura diversa: è un tentativo dell’uomo di proiettarsi nella dimensione delle possibilità, di cercare nuove frontiere, o forse semplicemente nuove risorse per sopravvivere a se stesso, per non dissolversi. Non credo che non potrà mai produrre vere mitologie.

 

Il mito è anche bisogno d’immaginare. Con il tempo la scrittura è diventata strumento e manifestazione per soddisfare questo bisogno. Il filosofo Duccio Demetrio in merito scrive “La scrittura dunque reinventa i miti, con l’aggiunta delle proprie vibrazioni e tonalità che sommano archetipo ad archetipo”. Il tuo pensiero?


Jung sosteneva che tutto ciò che vi è di più prezioso sia già stato detto molto tempo fa e con parole più belle. Più indietro esploriamo le radici del pensiero, più troviamo qualità visionaria, potere di cura, incanto. Il mito è tessitura, e anche la scrittura lo è. Textus: trama di filo e di parola. I frutti del pensiero mitico dei nostri predecessori sono un’eredità che ci portiamo dentro, e un’eredità è una consegna che va onorata. Niente può e deve rimanere intrappolato nel passato, tutto concorre a proseguire l’arazzo: mani si avvicendano ad altre mani, ne arricchiscono l’opera. La realtà va interpretata ogni giorno con parole nuove, splendenti.


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© Edizioni Archos

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