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Marco Baliani

SUI BINARI

Come una marionetta o un burattino possono diventare molto più potenti immaginariamente che se al posto loro ci fosse un essere in carne ed ossa



L’altra sera stavo per prendere il treno alla stazione Tiburtina di Roma, quando qualcosa di bianco in mezzo ai binari ha attirato la mia attenzione, mi sono avvicinato ed era un piccolo bambolotto giocattolo finito lì per chissà quale circostanza.

Quella figura e la postura del pupazzo mi ha subito inquietato.


Quel pupazzetto era un bambino anche nelle intenzioni di chi lo aveva fabbricato e venduto, solo che ora giaceva lì scomposto, disarticolato, buttato via. È sempre inspiegabile come una marionetta o un burattino possano diventare molto più potenti immaginariamente che se al posto loro ci fosse un essere in carne ed ossa. Il fascino del teatro degli oggetti sta in questa sovrapposizione immaginifica che rende l’artificio più drammatico, più vivo, più vero dell’originale. E in questo soprassalto di sensi sta anche tutta l’antica querelle della macchina, golem o replicante che diventa più umano dell’umano. Quel bambino fantoccio mi impressionava, rimandava subito la mia mente a quel corpo di bambino curdo spiaggiato a Bodrum in Turchia, anni fa, quando i professionisti della paura additavano gli immigrati in arrivo come il male assoluto da respingere in tutti i modi.

Alan Curdi giaceva anche lui scomposto, vestito di tutto punto, un bambino dei nostri, accartocciato dal mare che gli aveva riempito i polmoni. Quel pupazzetto inquietante tra i binari mi costringeva insomma a riannodare le storie dei tanti, troppi bambini che vengono quotidianamente uccisi da traversate impossibili, da viaggi infernali, solo per tentare di avere quel diritto alla vita che spetterebbe ad ogni essere umano.

Sabato 20 novembre è stata la giornata mondiale dei diritti dei bambini. Il primo diritto dovrebbe essere quello di poter “essere”, appunto, bambini, di poter vivere un’infanzia piena, bella, circondata di affetti, anche senza i tanti orpelli della nostra civiltà dei consumi, si può essere bambini felici anche col poco di una povertà dignitosa, i bambini sanno come trasformare un sasso in un personaggio fiabesco, lo sanno da sempre. In gran parte del mondo che facciamo finta di ignorare pur sapendo benissimo che esiste, ci sono milioni di bambini che non possono vivere la loro infanzia, che ne sono privati, per fame, violenze, sfruttamento etc… bambini circondati dagli orchi delle fiabe che diventano il genitore che ti ama tanto al punto che ti accoltella per sfogarsi della sua mediocrità, bambini violentatati in perfette famiglie occidentali, con complicità di genitori, zii e zie.

L’infanzia è un luogo da difendere e presidiare, e dove viene negata, allora la si deve inventare, è in quella stagione della vita che avvengono le più grandi meravigliose terribili esperienze, e avvengono senza difese, senza le maschere sociali che più tardi impareremo ad assumere per fronteggiare i nostri stessi sentimenti. Nella totale empatia che un bambino ha nei confronti del mondo, nella sua fiducia e apertura, nel suo stupore risiede il nucleo della nostra futura esistenza. Senza quel passaggio, senza quella stagione dell’anima, ci attende una povertà dell’anima che non avrà mai riscatto, a meno che qualcuno o qualcosa, l’arte per esempio, o l’improvvisa scoperta della bellezza non ci aiuti a rivivificarla.

Continuerò a combattere, anche col teatro, per permettere a più bambini possibili di non finire buttati di traverso in mezzo a sconosciuti binari di treno.


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