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Maria Cristina Galli

Un'anima di cera

Per un artista l’identità non è semplicemente la riconoscibilità delle sue opere, o la sua firma, ma il suo modo di porsi nell’opera


CON VOCE CUPA, Maria Cristina Galli 2013 (dettaglio) Tecnica mista su tavola, tondo, macchina per filare guanti, filo di nylon


[...] Secondo la definizione dell’Enciclopedia Treccani, in matematica l’identità significa “l’uguaglianza valida incondizionatamente, verificata cioè da qualsiasi valore o gruppi di valori delle variabili che in essa compaiono. Nella teoria degli insiemi, è la trasformazione di un insieme in sé stesso (detta anche trasformazione, o applicazione, identica), la quale lascia fisso ogni elemento dell’insieme (fa cioè corrispondere a ogni elemento dell’insieme l’elemento stesso)”. L’identità esplicita un principio di uguaglianza che si mantiene tale anche quando avviene una trasformazione, un mutamento, o quando si innesca una in-formazione all’interno di un insieme di elementi che mantengono tra loro una relazione di equivalenza, e cioè riflessiva, simmetrica, transitiva.


[...] La psicologia definisce l’identità come “il senso e la consapevolezza di sé come entità distinta dalle altre e continua nel tempo”, in cristallografia, periodo di i., indica la distanza tra due nodi identici di un filare di un reticolo cristallino. Trasformazione, tempo e distanza sono cioè categorie che appartengono al concetto di identità. Così come l’idea di un insieme di elementi in rapporto continuo, che comunicano in uno spazio, nel territorio in cui questa stessa relazione avviene, distintamente dall’altro da sé. L’identità è riconoscibile in un luogo che non è puro e univoco, ma si manifesta là dove si insinua un altrove, un nesso, una complessità, una meta-morfosi, un rimosso e un ritorno; un sintomo, come direbbe Didi-Huberman.


CON VOCE CUPA, Maria Cristina Galli 2013 (dettaglio)


[...] Il processo di trasformazione, o meglio di in-formazione, che avviene nell’individuo fisiologicamente, riflette il particolare modo di osservare, concepire e quindi costruire, edificare l’opera artistica ragionando nei più piccoli mutamenti, nei lacerti, in ogni singolo passo che muove la ricerca stessa. Una riflessione fondamentale a questo proposito può essere fatta relativamente agli studi nell’ambito delle neuroscienze, in particolare agli approfondimenti recenti analizzati da Sebastian Seung, ricercatore al MIT, sul Connettoma umano; inteso come elemento biologico capace di tracciare la mappa dei processi mentali di ciascun individuo, connotandone la forma e lo sviluppo secondo un modello identitario. Il Connettoma definisce la geografia della mente dell'individuo, così come il genoma ne stabilisce le leggi biologiche ed ereditarie.


[...] Possiamo considerare le connessioni neurali come degli elementi materiali, stabili quel tanto da mantenersi identiche a sé stesse nel tempo, e insieme malleabili e capaci di cambiare la struttura originaria delle relazioni. Allo stesso modo il processo creativo che genera un’opera mette in gioco, come in un dispositivo, gli stimoli che lo sollecitano e li ripesa, (peso e pensiero hanno la stessa radice) rimodellandoli plasticamente per mantenere fede all’identità di senso che l’artista vuole ottenere. La selezione, il discrimine, le scelte e le rinunce sostanziano il tempo e la forma del progetto, anticipando quel che ancora deve assumere una struttura propria, prima ancora di poterne dichiarare la assoluta indipendenza, prima di poterlo riconoscere come un corpo di conoscenza.


CON VOCE CUPA, Maria Cristina Galli 2013 (dettaglio)


Il processo che sottende alla ricerca artistica non prevede semplicemente una messa in scena delle componenti intenzionali, ma le colloca piuttosto sul versante critico del sapere e del vedere che ogni presa di posizione necessariamente comporta; la praxis dell’arte non è quindi solo oggettiva, ma raccoglie in sé un’esperienza. “La teoria connettomica è compatibile con la teoria genetica ma è assai più ricca e complessa perché include gli effetti del vivere nel mondo. Questo nostro sé, la sua natura, rimane costante e cambia lentamente nel tempo […] Possiamo considerarlo il letto del fiume della coscienza” (S.Seung, Connettoma, 2013).


L’identità è un divenire, la mappa delle connessioni traccia il percorso. Per un artista l’identità non è semplicemente la riconoscibilità delle sue opere, o la sua firma, ma il suo modo di porsi nell’opera. È il segno della sua capacità di essere nomade, fluido e comunque equivalente. L’identico è la trasformazione continua nel tempo in sé stesso, nelle svariate molteplicità che si mantengono fedeli all’originale, dalla bozza alla forma. Ogni opera porta con sé la memoria di ciò che è stato prima, che non è passato ma pensiero, e conquista il proprio ruolo di “oggetto dialettico” non quando non c’è più nulla da aggiungere, ma quando non c’è più nulla da togliere. Nel suo darsi al presente, nel suo mostrarsi, nel suo prendere corpo e farsi materia generatrice dell’inatteso, custodisce il viaggio del viaggiatore che l’ha portata al visibile, il suo primo passo, identico nella sua ripetizione, ogni volta con un pensum millimetricamente differente, che si riscrive.


Estratto dall'articolo pubblicato sul n. 23 di ArtApp | L'Identità


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